L’articolo del prof. Martin Carbajo-Núñez OFM, pubblicato nel Blog dell’Accademia Alfonsiana
Lo sviluppo delle tecnologie digitali e, più specificamente, dell’Intelligenza Artificiale (IA) offre enormi possibilità di progresso, ma pone anche sfide in termini di sostenibilità.
Accanto a molti aspetti positivi, lo sviluppo dell’IA sta anche influenzando negativamente l’ecosistema fisico e sociale. Nel contesto sociale, le fonti di informazione tendono a ridursi, promuovendo un “pensiero unico, elaborato algoritmicamente” [1]. A livello fisico, l’IA ha un considerevole impatto ambientale, principalmente a causa dell’elevato costo ecologico associato all’estrazione delle terre rare, essenziali per la fabbricazione dei suoi componenti tecnologici. La scarsità di questi materiali richiede processi di estrazione complessi, lenti e costosi, che contribuiscono significativamente al degrado ambientale. Sebbene si stiano esplorando alternative più sostenibili, queste si trovano ancora in fasi iniziali.
Attualmente, la Cina produce circa il 70% e lavora più dell’80% delle terre rare a livello mondiale. La Commissione Europea identifica 17 di questi metalli rari, tra cui antimonio, berillio, germanio, grafite, lutetio, promezio, tantalio, vanadio e tungsteno [2]. L’estrema scarsità di alcuni di questi materiali obbliga a rimuovere enormi quantità di terra per ottenerli. Un caso estremo è l’ottenimento di un chilogrammo di lutetio, che di solito richiede la rimozione di 200 tonnellate di roccia [3].
L’IA consuma grandi quantità di acqua. Si calcola che, per rispondere a 20-50 domande, ChatGPT-3 impieghi mezzo litro di acqua per il raffreddamento. Nel 2027, il consumo totale sarà tra 4,2 e 6,6 miliardi di metri cubi di acqua, più di quattro volte quanto consuma la Danimarca.
L’IA necessita anche di enormi quantità di elettricità. Si calcola che una ricerca su ChatGPT possa richiedere tra tre e dieci volte più energia rispetto a una su Google [4]. L’Agenzia Internazionale dell’Energia, nel suo rapporto del 2024, afferma che i quasi 8.000 centri di dati esistenti nel mondo (un 33% negli USA) utilizzeranno più di 1.000 TWh nel 2026, una quantità equivalente al consumo attuale del Giappone. Questo consumo eccessivo sta aumentando i gas serra e obbligando a regolamentarne l’uso in alcuni paesi. Già nel 2020, Singapore si è vista costretta a limitare temporaneamente il numero di nuovi centri di dati perché avevano raggiunto il 7% del consumo totale di elettricità nel paese.
Di fronte a questi dati preoccupanti che richiedono soluzioni creative, l’IA offre anche nuove opportunità per la sostenibilità dell’ecosistema. In particolare, l’IA può aiutare a monitorare le emissioni di metano che contribuiscono all’effetto serra e controllare altri aspetti dell’attuale crisi ecologica. Può essere utilizzata anche per anticipare il consumo energetico e rispondere in modo adeguato, oltre a ottimizzare l’uso delle reti elettriche esistenti e la produzione di energia rinnovabile. Inoltre, può contribuire a una migliore gestione delle risorse idriche e a una gestione più efficiente dei rifiuti e del riciclaggio. Può aiutare anche ad analizzare dati ambientali, come la deforestazione, l’inquinamento da plastica negli oceani e ad anticipare possibili disastri naturali.
Il maggior pericolo è che l’IA è controllata da poche multinazionali a scopo di lucro. Questa concentrazione di potere in poche mani è una minaccia per la vita democratica, la sostenibilità dell’ecosistema e lo sviluppo integrale.
[1] Francisco, «Messaggio per la 58 Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali» (24.01.2024), in OR 19 (24.01.2024) 8.
[2] Commissione Europea, «Politica e strategia per le materie prime», su Internet: https://single-market-economy.ec.europa.eu/sectors/raw-materials/policy-and-strategy-raw-materials_en
[3] Kettmajer Michele, «Il potere collettivo dei dati digitali», in Rivista di Scienze dell’Educazione 62/1 (2024) 16-36.
(testo originale spagnolo)