Tra le parole chiave che caratterizzano il Giubileo come momento forte nella vita della Chiesa e come evento sociale, c’è sicuramente l’Indulgenza. Che cos’è?
L’indulgenza è «una delle diverse forme attraverso le quali la grazia del perdono» continua a riversarsi «in abbondanza sul santo Popolo fedele di Dio»[1]. È vissuta nella prospettiva «di scoprire quanto è illimitata la misericordia di Dio» e, come spiega Papa Francesco nella bolla di indizione del Giubileo Ordinario dell’Anno 2025: «nell’antichità, il termine “misericordia” era intercambiabile con quello di “indulgenza”, proprio perché intendeva esprimere la pienezza del perdono di Dio che non conosce limiti»[2].
La Penitenzieria Apostolica ha stabilito le disposizioni per l’ottenimento dell’indulgenza plenaria durante l’Anno Giubilare 2025, secondo le quali, prima ancora di «concedersi» come «pratica», l’indulgenza deve essere «compresa» e «vissuta» come «dono di grazia». Per questo l’impegno pastorale e morale è quello di «stimolare il cuore dei fedeli a desiderare e nutrire il pio desiderio di ottenere l’indulgenza» come «dono unico, ottenuto in virtù della mediazione della Chiesa» [3] che, in virtù del potere di legare e sciogliere, interviene a favore dei fedeli in Cristo, rivelando loro il tesoro dei meriti del Figlio di Dio e dei santi, affinché ottengano dal Padre misericordioso la remissione delle pene temporali che derivano, accanto alla pena eterna del peccato[4].
Oggi come ieri, tanti uomini e donne hanno bisogno di segni e gesti semplici, di inginocchiarsi talvolta davanti a una statua, di baciare un’immagine di Gesù, o addirittura di toccare le reliquie di un santo. Ciò dimostra quanto Dio ci abbia creati con sensi che servono ad aiutarci a credere, a sperare e ad amare. L’indulgenza è quindi quel segno concreto che la Chiesa offre in questo anno giubilare a tutti coloro che vogliono crescere nella fede per ottenere la felicità.
Nel suo contesto specifico, cioè il sacramento della Penitenza e della Riconciliazione[5], ci appare chiaro che l’indulgenza deve essere intesa, insieme ad altri, come un “mezzo” di santificazione personale e comunitaria nel cammino della vita cristiana, «che ha bisogno anche, come sottolinea Papa Francesco, di momenti forti per alimentare e rafforzare la speranza, compagna insostituibile che permette di intravedere la meta: l’incontro con il Signore Gesù»[6]. Ci sembra quindi che il pio desiderio di ottenere un’indulgenza, sopra ricordato, trovi il suo splendore fondante e la sua forza motivante nel desiderio supremo di perfezione e santità. Come scrive Alfonso M. de Liguori (1696-1787) nella Pratica dell’amore di Gesù Cristo, «dà la forza di camminare» e «d’altra parte alleggerisce il peso del viaggio»[7]. Per questo, sottolinea ancora Alfonso de Liguori, «chi desidera veramente la perfezione non si stanca mai di avanzare verso di essa; e se non si stanca, alla fine ci arriverà. Chi non la desidera tornerà sempre indietro e si troverà sempre più imperfetto di prima»[8], perché «Dio è infinitamente buono con chi lo cerca con tutto il cuore. Neppure i peccati commessi possono impedirci di santificarci, se vogliamo davvero santificarci»[9]. Ciò richiede soprattutto una buona confessione.
A nostro modesto avviso, questa luce ci permette di «risalire» al cuore dell’Indulgenza giubilare – come un passo (indietro) per (ri)scoprire la misericordia illimitata e incondizionata di Dio che chiama sempre (cfr. Spes non confundit, n. 23) e di «ri-comprendere» il senso del valore inscritto in ciò che è indicato nella «pratica» come necessario per il suo ottenimento, cioè, “oltre all’esclusione di ogni affetto per il peccato, anche veniale”, l’impegno a “compiere l’opera dell’indulgenza e ad adempiere tre condizioni: la confessione sacramentale, la comunione eucaristica e la preghiera secondo le intenzioni del Sommo Pontefice”[10].
Queste disposizioni e condizioni possono essere “semplicemente soddisfatte”, il che non esclude la possibilità di concedere indulgenze parziali (cfr. Norme, n. 7), o, come precisa Paolo VI, «pienamente vissute» nella prospettiva di un «uso salutare delle indulgenze» che, «per ricordarci le cose più importanti, insegna prima di tutto quanto “le indulgenze non sono un fine a se stesse”». 7), o, come precisa Paolo VI, “pienamente vissute” nella prospettiva di un “uso salutare delle indulgenze” che “per ricordare le cose più importanti, insegna prima di tutto quanto ”sia triste e amaro aver abbandonato il Signore Dio” e aggiunge ancora «quanto siamo intimamente uniti gli uni agli altri in Cristo e quanto la vita soprannaturale di ciascuno può giovare agli altri, affinché anche essi possano unirsi più facilmente e più intimamente al Padre»[11].
Per questo l’uso delle indulgenze stimola efficacemente la carità e la fa esercitare in modo eminente, quando si offre aiuto ai fratelli e alle sorelle che dormono in Cristo» (cfr. Indulgentiarum doctrina, n. 9). Paolo VI precisa inoltre che lo scopo e il compito della Chiesa «nel concedere le indulgenze, non è solo quello di aiutare i fedeli a riparare i propri peccati, ma anche di incoraggiarli a compiere opere di pietà, penitenza e carità, in particolare quelle che giovano alla crescita della fede e al bene comune». Se dunque i fedeli offrono le indulgenze in suffragio dei defunti, coltivano in modo eccellente la carità e, mentre elevano lo spirito al cielo, ordinano più saggiamente le cose terrene” (Ibid., n. 8). Questa carità può concretizzarsi anche attraverso l’adorazione del Santissimo Sacramento per mezz’ora.
L’Indulgenza, in questo anno giubilare, è quindi un’occasione preziosa per tutti i cristiani per ritrovare l’essenza della loro fede e intraprendere azioni concrete attraverso una buona confessione, una partecipazione attiva a ogni Eucaristia per beneficiare delle grazie necessarie. È tempo di riaccendere la fiamma della speranza e di intraprendere un cammino spirituale che rinnovi non solo il cuore, ma anche il mondo.
Ngoie Kabila Jean Paul, SDB
Studente dell’Accademia Alfonsiana
(originale francese si può trovare qui)
_______________
[1] Cfr. Francesco, Spes non confundit, n. 5.
[2] Cfr. Ibid., n. 23.
[3] Cfr. Norme per la concessione delle indulgenze giubilari.
[4] Cfr. CEC, n. 1478.
[5] Cfr. CEC, nn. 1471-1479
[6] Cfr. Francesco, Spes non confundit, n. 5
[7] Cfr. Sant’Alfonso Maria de’ Liguori, Pratica di amare Gesù, Capitolo VIII, n. 9.
[8] Ibid., Cap. VIII, n. 11.
[9] Ibid.
[10] Enchiridion Indulgetiarum, norma n. 20, §1
[11] Paolo VI, Indulgentiarum doctrina, n. 9.