Maria Celeste Crostarosa, le parole del Papa

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Angelus domenica 19 giugno 2016

Dopo la preghiera mariana il Pontefice ha ricordato la beatificazione di Maria Celeste Crostarosa a Foggia.

“Cari fratelli e sorelle, ieri, a Foggia, si è celebrata la beatificazione di Maria Celeste Crostarosa, monaca, fondatrice dell’Ordine del Santissimo Redentore.

La nuova Beata, con il suo esempio e la sua intercessione, ci aiuti a conformare tutta la nostra vita a Gesù nostro Salvatore.”

 

E nei Media vaticani…

La beatificazione di Maria Celeste Crostarosa – Nove consigli

(Foggia 18 giugno 2016) – «Carità vicendevole, povertà, purezza, ubbidienza, umiltà, raccoglimento, preghiera, sacrificio e amore alla Croce». Sono i nove consigli contenuti nelle regole dettate da Maria Celeste Crostarosa (1696-1755) alle suore del Santissimo Redentore. È stato il cardinale Angelo Amato a riproporli ai fedeli di Foggia che sabato 18 giugno hanno partecipato alla beatificazione della religiosa fondatrice.

Nel santuario dell’Incoronata il prefetto della Congregazione delle cause dei santi ha presieduto il rito in rappresentanza di Papa Francesco e all’omelia ha sottolineato come il numero nove faccia «riferimento ai mesi di gestazione di ogni essere umano nel seno materno. Quindi servono per rigenerare le nostre vite e farle risorgere nel bene. Sono — ha aggiunto attualizzando il discorso — insegnamenti evangelici, capaci di donare alla famiglia, alla comunità e alla società un’alta qualità di vita umana ed evangelica, formando persone non di sabbia, ma di ottima stoffa umana e cristiana».

In precedenza il porporato aveva messo in luce come l’esistenza della beata mostri «la tenace perseveranza di questa donna nel realizzare la propria vocazione in obbedienza alla volontà di Dio, che le si manifestò tra mille peripezie e ostacoli». Nata a Napoli e battezzata con il nome di Giulia, era la decima di dodici figli, in una famiglia religiosa e facoltosa. Da piccola, spinta dalla curiosità, con la complicità delle domestiche vestiva abiti alla moda e imparò canzoni profane. Ma a undici anni, il giorno di san Giuseppe del 1707, si recò nella chiesa di San Tommaso per fare una confessione che rappresenta «il punto di partenza del suo cammino spirituale». Fu infatti, ha spiegato il cardinale Amato, «una vera conversione». La giovane «diventò più raccolta, apprese a fare l’orazione mentale e a meditare la passione di Gesù. Colpita dalla ferita del costato, si rifugiò spiritualmente nel cuore sanguinante di Cristo. Nella comunione eucaristica riceveva consolazioni e ispirazioni». E «la lettura della vita dei santi contribuiva a confermarla nel bene. Così, a poco a poco si fece strada in lei il proposito» della consacrazione.

Ebbe allora inizio, ha ricordato il prefetto, «un complesso viaggio di ricerca della volontà di Dio: consolazioni e desolazioni si susseguirono come onde sulla riva del mare. Le tappe di questo lungo viaggio dalla Campania alla Puglia furono Marigliano, presso Napoli, dove il 21 novembre 1718 vestì l’abito carmelitano, ricevendo il nome di suor Candida del Cielo; poi Scala, presso Salerno, dove vestì l’abito delle visitandine col nome di suor Maria Celeste del Santo Deserto; poi Amalfi, Pareti, Roccapiemonte, e, infine, Foggia, dove rimase gli ultimi diciassette anni». Una scelta ispirata dall’alto: «Va’ a Foggia — le disse la voce interiore — perché ivi voglio che si faccia la fondazione».

Nel frattempo, ha proseguito il cardinale, «la sua reputazione era cresciuta passando dal problematico giudizio di “monaca illusa” a quello profetico di “monaca ispirata” e, infine, di “priora santa”». Ed è indubbio a tal proposito, ha commentato il cardinale Amato, «l’influsso di Alfonso Maria de’ Liguori. I documenti sono pochi e brevi, ma sufficienti per dire che il santo e la sua congregazione furono in comunione con lei; anzi consideravano la sua fondazione come vera fondazione del comune istituto redentorista».

Il porporato ha anche sottolineato il legame della beata con il territorio: «in questo lembo settentrionale di terra pugliese, di antichissima tradizione cristiana, benedetta dalla millenaria presenza protettrice dell’arcangelo san Michele e in tempi più recenti dalla figura di uno dei più grandi taumaturghi della Chiesa, san Pio da Pietrelcina, maturò la santità di suor Celeste Crostarosa, donna straordinaria, forte e coraggiosa, la cui fama ha superato i secoli giungendo intatta fino ai nostri giorni». Sebbene, ha fatto notare il porporato, a differenza di sant’Alfonso, madre Celeste non abbia avuto né tra i redentoristi né tra le redentoriste «chi raccogliesse, almeno dopo la sua morte, testimonianze sulla sua vita santa».

Però, ha aggiunto il cardinale, «un ritratto avvincente è stato tracciato venti anni fa da un grande santo della nostra epoca, Giovanni Paolo II». Che nel terzo centenario della nascita di madre Celeste, scrivendo alle sue monache riassunse in cinque caratteristiche la spiritualità della beata: la centralità della devozione al Verbo incarnato, l’Eucaristia come fonte di ogni trasfigurazione, la contemplazione per lasciarsi irradiare e trasformare dalla grazia, la carità fraterna e la fedeltà che richiede fermezza e perseveranza nel bene».

L’OSSERVATORE ROMANO – lunedì-martedì 20-21 giugno 2016

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