Il cardinale Tobin con un migrante messicano per fermare l’espulsione

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Gesto pubblico dell’arcivescovo di Newark che ha accompagnato all’ufficio immigrazione Catalino Guerrero, da 25 anni negli Stati Uniti ma senza documenti. Concesso dalle autorità un rinvio di due mesi

Con un migrante all’ufficio immigrazione, dove era stato convocato per il ritiro del passaporto. Con questo gesto pubblico il cardinale arcivescovo Joseph Tobin ha preso posizione oggi a Newark in favore di Catalino Guerrero e di migliaia di migranti come lui a rischio di espulsione negli Stati Uniti, dopo la stretta decretata dall’amministrazione Trump. Un’azione accompagnata da un sit in davanti all’edificio a cui hanno preso parte anche rappresentanti di altre confessioni cristiane e delle locali comunità ebraica e musulmana, riuniti nel chiedere che Guerrero non sia costretto a lasciare gli Stati Uniti. L’azione ha ottenuto un primo risultato: il migrante per il momento potrà restare negli Stati Uniti, ma dovrà ripresentarsi per una nuova udienza l’11 maggio.
La storia di Guerrero è un caso altamente simbolico negli Stati Uniti di oggi: 59 anni, Catalino è arrivato illegalmente negli Stati Uniti da Puebla nell’ormai lontano 1991, per motivi legati alla povertà e all’insicurezza nella sua terra d’origine. Da 25anni vive a Union City, una località del New Jersey, dove è membro della locale parrocchia cattolica di Sant’Agostino. Padre di quattro figli e nonno di numerosi nipoti, non ha mai avuto problemi con la giustizia e per il fisco degli Stati Uniti è anche un contribuente, ma non ha mai avuto un’opportunità per regolarizzare la propria posizione. Tra l’altro è anche malato di diabete e per questo motivo all’ufficio immigrazione di Newark ci è arrivato appoggiandosi sul suo bastone, mentre sulla città cadeva qualche fiocco di neve.

Mercoledì scorso era stato sottoposto a un controllo dall’Ice – l’agenzia federale per l’immigrazione – che aveva verificato il suo status di cittadino straniero privo di regolari documenti. Per questo era stato riconvocato per oggi con l’indicazione di prepararsi a riconsegnare il passaporto e a essere dunque espulso dagli Stati Uniti. In sua difesa si è però schierato il Pico National Network, una delle maggiori organizzazioni interreligiose americane, che ha sollevato l’attenzione dei media sul caso.

Ed è all’interno di questa mobilitazione che si inserisce anche il gesto del cardinale Tobin: «Come leader religiosi – ha dichiarato il porporato – siamo chiamati a riconoscere e sostenere la dignità di ogni individuo come una persona unica al mondo e, nello stesso tempo, anche a combattere ogni tentativo di demonizzare o additare i rifugiati come minacce sinistre e prive di un volto. Oggi – ha aggiunto Tobin, prima di entrare negli uffici dell’immigrazione – siamo qui per portare la nostra testimonianza e fare appello alla coscienza del nostro Paese affinché sia risparmiato quest’uomo e tanti altri come lui, che hanno l’unica colpa di cercare una vita migliore per la propria famiglia».

Dopo circa mezz’ora di udienza a Guerrero è stato concessa la possibilità di restare almeno provvisoriamente negli Stati Uniti. L’Ufficio immigrazione lo ha infatti riconvocato per l’11 maggio con l’indicazione che potrà rimanere nel Paese fino a quando dimostrerà di avere un lavoro. Una prima vittoria che quanti hanno sostenuto la sua battaglia sperano possa costituire un precedente anche per tanti altri casi simili.

(Vatican Insider)

Catalino Guerrero, al centro, insieme al Senatore Bob Menendez, e all’Arcivescovo di Newark, il Cardinale Joseph Tobin, davanti il Peter Rodino Federal Building, Venerdì 10 Marzo 2017, a Newark, N.J. (AP Photo/Julio Cortez)

 

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