Un solo corpo – San Clemente : partner nella missione di Dio e degli uomini

0
880

Introduzione. Che cos’è la missione?

Per comprendere cosa le espressioni “partner nella missione” o “missione condivisa” significhino, dobbiamo prima rispondere a un’altra domanda: che cos’è la missione? Numerose sono le risposte che nel corso degli anni sono state date a questo interrogativo.

Per cominciare, con la parola “missione” si può intendere quell’attività mediante la quale la Chiesa va a stabilirsi in luoghi in cui prima non c’era. Il Cardinale Willem van Rossum (1854-1932), un grande Redentorista dei suoi tempi, fu un importante sostenitore di questa idea. Con questo però, non intendeva dire che la Chiesa avrebbe dovuto stabilire delle filiali da Roma; piuttosto che con la missione venivano fondate nuove comunità locali con responsabilità proprie, sebbene sempre sotto la supervisione della gerarchia.

Altri hanno invece detto che la “missione” consiste nel piantare il seme del Vangelo nel cuore degli uomini, credenti e non. Questa idea dunque non si riferisce in prima battuta alla Chiesa, ma a quella scintilla che immediatamente si riversa nella relazione tra il missionario e la persona a lui vicina. Mi sembra che Sant’Alfonso tramite le sue missioni popolari e le sue pubblicazioni fosse missionario in questo spirito.

Una riflessione più recente è quella seconda la quale la “missione” è innanzitutto e primariamente relativa al Regno di Dio. Dopo tutto, Gesù Cristo è stato il primo missionario. E se la nostra azione missionaria è svolta ad imitazione di Lui, ecco che anche noi proclameremo il Vangelo del Regno della libertà e della grazia (Lc 4,18-19). In altre parole: prendiamo parte alla “missio Dei”, al movimento di Dio verso e dentro il mondo. L’obiettivo finale di questa “missio Dei” è l’incontro amoroso tra Dio e il mondo, tra Dio e noi. Questa è anche un’idea fondamentale nella spiritualità di Sant’Alfonso.

Missionari in cerca di partners: l’esempio di San Clemente M. Hofbauer

Se questo è il nocciolo della missione, allora molte questioni saranno poste sotto una luce diversa, e sfide specifiche verranno pure messe sotto una nuova prospettiva. La nostra prima preoccupazione non sarà più quella di organizzare la giusta struttura ecclesiale o usare le giuste formulazioni nella predicazione. La nostra prima e più importante preoccupazione sarà che sia realizzato l’incontro tra Dio e gli uomini. Tutto il resto viene al secondo posto: la forma istituzionale della Chiesa, l’esatto fraseggio del messaggio. Alla luce di ciò, potremmo anche essere disposti a lasciar andare le vecchie strutture e le formulazioni organizzative per cercarne di nuove.

In questo modo potremmo anche pensare differentemente la questione identitaria di chi sia il missionario e quale sia il suo operato. I missionari non sono più solo quelli che hanno una specifica funzione e un incarico ben definito. Missionari non sono solo quelli che “si sono ritirati dal mondo”; tutti possono essere chiamati in missione, sia le persone che vivono i consigli evangelici come anche quanti vivono “nel mondo”. Così, se tutto è al posto giusto, ci si ritrova e ci si supporta a vicenda. Religiosi e laici condividono una missione comune. E vanno, letteralmente o figurativamente, a due a due nel mondo (cfr Lc 10,1), come partner nella missione.

Ho l’impressione che San Clemente M. Hofbauer abbia fatto l’esperienza d’essere un missionario in questo modo. Egli si rese conto che al suo tempo la missione aveva urgente bisogno di focalizzarsi sul nucleo del Vangelo. I vecchi schemi e le vecchie formulazioni gli erano a volte persino fastidiose. Per questo era aperto a nuove forme di predicazione (da qui la sua famosa affermazione che “dobbiamo predicare il Vangelo in modo sempre nuovo”), ed era aperto a nuove forme di cooperazione.
Fin dall’inizio San Clemente non considerò se stesso come voce solitaria che grida nel deserto. Piuttosto, si considerava partner nella missione di Dio e sua volta cercava altri partners per questa missione. Dopo una lunga e solitaria ricerca come eremita e pellegrino, trovò i primi partners nella Congregazione dei Redentoristi.

Una volta diventato egli stesso Redentorista, cominciò a scorgere dei collaboratori e partners al di fuori della Congregazione. Fu durante il suo soggiorno a Vienna (1808-1820) che San Clemente scoprì il valore della cooperazione laicale. Prontamente egli stabilì una struttura per questa collaborazione: la comunità degli Oblati, un’associazione di laici dedicati e preparati per l’apostolato missionario. San Clemente era molto esigente nei confronti degli Oblati in termini di spiritualità, impegno sociale e prontezza per il lavoro missionario. Uno non diventava membro dell’associazione se non ne era stata verificata l’adeguatezza. In questo San Clemente M. Hofbauer non andava mai per mezze misure: semplicemente nutriva alte aspettative sui laici formati e preparati, quasi come se fossero una “élite” missionaria.

Durante il suo soggiorno a Vienna (1808-1820), l’apostolo della città non spinse le persone dentro la Chiesa, ma si rapportò con loro come veri interlocutori. Ad esempio di questo, San Clemente organizzò un circolo letterario, in cui le persone potevano scambiarsi idee sulla fede a partire dai libri letti. In sintesi: non rifuggì l’uso dei media. Rispettava e accettava che le persone non ascoltassero più senza fiatare e in silenzio il prete, a beneficio di una loro formazione e crescita, per diventare così compagni di conversazione alla pari.

Ciò era particolarmente evidente nel cosiddetto Circolo Hofbauer di Vienna, al quale appartenevano importanti studiosi e artisti della città. San Clemente incoraggiò questi intellettuali ad impegnarsi evangelicamente nel mondo, ma a modo loro e per proprio conto. La relazione tra San Clemente e questa élite laica viennese era bidirezionale. Da un lato, attraverso il contatto con il laicato, San Clemente riuscì a rimanere in contatto con lo spirito del tempo: egli imparò da loro. D’altra parte, essi erano i suoi moltiplicatori: questi laici infatti avevano i loro contatti e godevano di una certa area di influenza nella società. In questo modo essi riuscirono a diventare partners missionari per l’apostolo di Vienna.

Conclusione. San Clemente: l’uomo pronto a superare i limiti

Come figlio di Sant’Alfonso, San Clemente sapeva benissimo che nessuno è un missionario da solo. Noi siamo prima di tutto partners di Dio, di un Dio che ha lasciato il cielo per mettersi alla ricerca di noi uomini. Noi siamo alleati di Dio in questa ricerca. Ma quando Dio ha bisogno di qualcuno e lo invita a una missione condivisa, allora abbiamo ancora più bisogno gli uni degli altri. Questo talvolta richiese a San Clemente grossi sforzi per la messa in pratica. Aveva una personalità con una forte volontà, e talvolta si scontrava con altre personalità forti. Ma è ancora più da ammirare per la sua risolutezza di impegnarsi, una volta dopo l’altra, nell’avventura della missione condivisa, superando limitazioni e aprendo nuove prospettive per una missione comune.

Domande per la riflessione:

 – Posso vedermi come un “partner nella missione” di Dio?

– Con chi voglio condividere il mio impegno missionario? Chi sono i miei partners? Dove sono? Come li trovo? E come mi trovano?

– Quali limiti devo superare (limiti di lingua e cultura, ma anche limiti tra gruppi all’interno della Chiesa e all’interno della famiglia redentorista)? Quali barriere personali devo superare?

– Quando ho sperimentato il successo o il fallimento della “missione condivisa”? Cosa posso imparare dal successo e dal fallimento?

Preghiera:

Dio vivente,
nel tuo Figlio, sei venuto a noi uomini
con l’offerta del tuo amore
e col desiderio del nostro amore reciproco.
Ci hai chiamati
per essere i tuoi compagni in questo viaggio di ricerca.
Apri i nostri occhi verso gli altri compagni di viaggio
e apri i nostri cuori verso i loro.
Preparaci per la condivisione e la cooperazione.
Per questo donaci, per l’intercessione di San Clemente,
il tuo Spirito.
Te lo chiediamo per Gesù Cristo, Tuo Figlio,
nostro compagno di viaggio.
Amen.

—————————————————————————————————–

ONE BODY è un testo di preghiera proposto dal Centro di Spiritualità Redentorista.

Questo testo è stato scritto in da Eric Corsius

Per maggiori informazioni: Piotr Chyla CSsR (Direttore del Centro di Spiritualità –  fr.chyla@gmail.com).

Il testo è stato tradotto da Massimiliano Mura CSsR.

il documento in formato pdf: Un solo corpo ITA

Print Friendly, PDF & Email