In memoria di Fratello Vito Curzio CSsR

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I Confratelli Redentoristi, e molti amici e devoti della nostra Congregazione, che nel corso dell’anno vengono a Scala per respirare l’aria delle origini della nostra Famiglia religiosa, esprimono il desiderio di ritornare, perché non ci si stanca a dissetarsi alla sorgente che ravviva lo spirito. A Scala, oltre alla Grotta, dove il nostro Padre sant’Alfonso sostava con frequenza in preghiera, vi è “Casa Anastasia”, scelta dal Fondatore come casa di irradiazione missionaria. 

Tra i primi collaboratori di Alfonso spicca il suo fedelissimo amico Fratel Vito Curzio. Anche quest’anno la nostra Comunità ha voluto commemorare questo giovane che, abbandonata la spada e il suo carattere irresistibile, si dedicò a Cristo Redentore con pari ardore ed entusiasmo. Di lui è stata fatta memoria nella celebrazione Eucaristica il 19 settembre: (il suo dies natalis ricorre il giorno 18, coinciso quest’anno con la domenica). Un nutrito gruppo di fedeli ha partecipato e ascoltato con attenzione P. Ciro Vitiello che ha sottolineato l’importanza storica di questa Casa per la nuova esperienza missionaria esercitata da sant’Alfonso e dai primi Redentoristi, tra cui Fr. Vito Curzio. 

La vita di Vito Curzio ha del singolare. Da giovane laico, in un sogno, cercava di scalare una montagna senza riuscirvi; uno sconosciuto sacerdote lo incoraggiò a muovere i primi passi. Raccontato il tutto a don Cesare Sportelli, suo amico in Napoli, questi lo presentò a don Alfonso de Liguori. Fu allora, che Vito riconobbe il prete del sogno, e da quel momento, seguendolo nella Congregazione, fu sempre al suo fianco, fino a quando, nel 1738 lo sparuto drappello lasciò definitivamente il più antico paese della Costiera Amalfitana. Di Vito Curzio rimane un segno memorabile sull’intonaco grezzo del forno che egli usava per cuocere il pane: un graffito dello stemma della nascente Congregazione Redentorista. 

Cosa ne fu di Casa Anastasia? Sappiamo che si susseguirono diversi proprietari. Interessante risulta la testimonianza del Sig. Angelo Apicella e dei suoi racconti proprio in questa commemorazione. La sua memoria, riferita ai ricordi d’infanzia, va ai trisavoli a partire dal 1850 circa. Le stanze erano occupate da due famiglie numerose, composte rispettivamente da undici e otto bambini. Tanti bambini – racconta Angelo – che, soprattutto d’inverno, si riunivano intorno al braciere sgranocchiando qualche castagna, noci e fichi secchi, intenti ad ascoltare i genitori che raccontavano delle favole o storie che si tramandavano su S. Alfonso. Nessuno mai ha manomesso quel graffito di Vito Curzio sulla parete del forno. Tanta era l’ammirazione verso questi luoghi sacri e verso i nostri nonni e genitori per il lavoro che svolgevano nel coltivare la terra e per la loro generosità verso i poveri che giungevano da noi: per tutti c’era un tozzo di pane cotto in quel forno, ancora esistente, adoperato chissà quante volte da Fr. Vito! E quante marachelle combinate! I locali inferiori erano adibiti per lo più a stalle e cantine, in una stanza dormiva la mia famiglia avendo a disposizione due letti matrimoniali e un lettino con materassi riempiti di lana e foglie di granturco. 

L’intera struttura, fatiscente, fu acquistata dai Missionari Redentoristi di Napoli nel 1954. Anche se attualmente l’edificio restaurato è adibito a casa-vacanza, in tutto l’ambiente, particolarmente nei due locali, la cappella e il forno, si respira aria di santità. Circa un ventennio fa fu recuperato il cranio di Fr. Vito e collocato nella cappella. Sul loculo con l’urna è stato collocato un dipinto eseguito da P. Ciro. Con orgoglio Angelo afferma di essere tornato a casa felice, ricordando a se stesso di essere stato fortunato e onorato per aver vissuto nella stessa casa di S. Alfonso e Fr. Vito Curzio!

La Comunità Redentorista di Scala

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