Bartolo Longo. La santità “dietro le quinte” di chi lo prese per mano

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Penitente e amico dei redentoristi Ribera, Leone e Losito (1870-1917)

Se Dio aveva già tracciato la strada per lui, volle servirsi di ‘santi viventi’ perché Bartolo Longo cambiasse. Il valore di una testimonianza che fa miracoli nell’esempio dei mistici redentoristi Ribera, Leone e Losito.

Bartolo Longo è sinonimo internazionale del Santuario mariano di Pompei e delle numerose opere di carità, l’apostolo del Rosario e fondatore, figura emblematica la cui vita testimonia una profonda trasformazione spirituale e sociale, autentico testimone di speranza sarà proclamato santo da Papa Leone XIV il 19 ottobre 2025 in pieno Anno giubilare della Speranza! Notizia che colpisce, stupisce e commuove. Un evento di straordinaria importanza per la Chiesa. Già papa Francesco, pur essendo degente presso il Policlinico Gemelli di Roma aveva approvato i voti favorevoli dei membri del Dicastero delle Cause dei Santi per la canonizzazione del Beato Bartolo Longo (Latiano (BR) 1841-1926 a Pompei). 

Possiamo affermare che nella santità di Longo c’è una parte molto importante della storia della Congregazione Redentorista. Se da un lato tutta la comunità e i fedeli devoti legati al Santuario Pompei hanno gioito, non di meno può essere il giubilo per la Congregazione Redentorista, visto il rapporto che ci fu tra l’avvocato fondatore e in modo particolare con tre personalità redentoriste significative che operarono nella Chiesa meridionale campana-pugliese nell’Ottocento tutti venerabili, tre stelle nel firmamento redentorista. Bartolo Longo trascina sugli altari più solenni gli invisibili attraverso i quali Dio tornò a parlargli: artigiani della Parola, religiosi che con la testimonianza minuziosa, laboriosa, creativa lo aprirono al nuovo, angeli terreni che lo guidarono nella ricerca della volontà di Dio. Ricordiamo l’anacoreta di Napoli p. Emanuele M. Ribera (1811-1874), cui seguirono il mistico provato dalla sofferenza di Angri p. Giuseppe M.  Leone (1829-1902) e, dopo di lui, l’amico consigliere di san Pio X p. Antonio M. Losito (1838-1917), tre nomi e tre volti che quasi naturalmente passano in secondo piano rispetto alla figura di Bartolo Longo ma che esprimono in pieno il valore forte e determinante della copiosa apud eum redemptio. Il Santuario di Pompei, divenuto luogo di grazie ricevute, ha un suo precedente nella ‘grazia’ che Bartolo Longo ricevette da Dio tramite loro. Il futuro santo spinto da una ricerca di verità dell’Assoluto sembra vedere nei figli di s. Alfonso più vicini a lui rappresentanti straordinari di santità e della pastorale popolare nella Chiesa napoletana. Ciascuno ha una immagine propria, e a ciascuno Bartolo Longo si sente debitore dell’influsso che esercitarono sulla sua personalità in tre periodi diversi della sua vita e della sua evoluzione spirituale. 

P. Emanuele M. Ribera CSsR (1846-1874)

Nel primo periodo subito dopo la sua conversione è p. Emanuele M. Ribera (1846-1874), uomo dotto, grande direttore spirituale e apostolo della stampa ascetica-mistica a Napoli. Conosciuto da Longo dopo la sua conversione e da lui frequentato in modo famigliare, lo considerava: «il gran Santo dei nostri tempi»; lo ammirava per «l’austerità della vita… per l’attività del suo ministero … rifletteva dolcezza e umiltà nell’accoglienza … continua unione con Dio e per lo spirito di orazione». Attraverso di lui sentiva che Dio guidava la sua vita secondo i progetti della Provvidenza. Con queste parole Longo nella dichiarazione da lui rilasciata al processo su p. Ribera tratteggia la personalità del venerabile. Determinante fu l’influsso di p. Ribera per la sua conversione definitiva, sulle scelte vocazionali (dottrina sulla vocazione ed elezione dello stato di vita-devozione e spiritualità mariana e dottrina mariologica), sulla vita spirituale (dottrina ascetica e penitenziale), sulle sue letture (devozione alla passione del Signore) e sulla sua spiritualità (missione nel mondo come servizio cristiano).  

Nel secondo periodo si fa avanti p. Giuseppe M. Leone (1885-1902) una testimonianza esemplare di disponibilità alla grazia. Nonostante la salute fragile, si è prodigato senza risparmiarsi nel ministero sacerdotale. Sapeva riaccendere la speranza tra i fedeli proponendo loro il valore redentivo del Sangue di Gesù. Personalità di rilievo nella seconda metà dell’Ottocento napoletano, fondatori e fondatrici di opere caritative e di nuove famiglie religiose, come sant’Alfonso M. Fusco, fondatore delle Suore Battistine, s. Caterina Volpicelli, fondatrice delle Ancelle del Sacro Cuore, il futuro santo Bartolo Longo e la sua sposa, hanno avuto in lui un punto di riferimento prezioso, fu per diciotto anni il loro moderatore e guida spirituale.

P. Giuseppe M. Leone CSsR (1885-1902)

Sin dall’inizio del soggiorno ad Angri (1885-1902) e fino alla morte p. Leone fu vicino all’impegno di Bartolo Longo e della contessa Marianna Farnararo De Fusco, sua moglie, nella creazione della grande e prodigiosa opera di Pompei: il venerabile con i suoi interventi contribuì a dare alle iniziative nella Valle di Pompei vero senso cristiano di saggezza, la consistenza della santità di vita e la fecondità spirituale. Egli collaborò instancabilmente con Bartolo Longo nel settore di emarginazione dell’opera di Pompei che andava controcorrente (cioè contro la schiavitù materiale e morale, il sistema carcerario, ecc.). Con il Beato diresse le Figlie del Rosario, per le quali dettò la prima Regola. Infine, si fece araldo e paladino della proclamazione del dogma dell’Assunta, incoraggiando e spronando Longo di fomentare questa iniziativa. Sostenne i coniugi Longo-De Fusco anche nei momenti di difficoltà per le opere assistenziali collegate al santuario di Pompei e impegnandosi perché fossero aggregati tra gli Oblati Redentoristi nel 1894. Nello stesso giorno (2 agosto 1902) in cui Longo scrisse la lettera di ringraziamento al Rettore Maggiore p. Mattia Raus (1829-1917) per avergli accordata la «fratellanza alla Congregazione perché legati da santa gratitudine per gli ammaestramenti e i consigli avuti dai padri» si recò ad Angri a confessarsi dal p. Leone, che era ormai in fin di vita. S’incontrarono ancora una volta, il giorno 6, prima che il padre spirasse placidamente.  Al Processo Informativo su p. Leone, Bartolo Longo rende testimonianza dell’influsso che il venerabile, col suo insegnamento e il suo esempio personale, ebbe su di lui. Padre Leone è stato dichiarato venerabile da papa Francesco il 18 dicembre 2024 nel 140° anniversario del primo incontro con il futuro santo (1884-2024). 

Nel terzo periodo i rapporti tra Bartolo Longo e i Redentoristi si verificarono attraverso la persona di p. Antonio M. Losito (1902-1917). Il motivo che induce il Commendatore a cercare p. Losito è la fama di santità, di cui godeva. L’opera spirituale prestata a Longo da p. Losito in momenti particolarmente difficili fu quella di ispirargli «unicamente motivi soprannaturali di fede e di carità» per il futuro degli Istituti educativi, che egli aveva fatto sorgere «in unità di intenti» con il Santuario. Mentre il campo specifico della «sua collaborazione si identifica con il mondo dello spirito e della coscienza» del futuro santo, parecchie volte non fu privo di «ripercussioni esteriori». In questo modo, il discepolo del Patrono dei Moralisti e dei Confessori divenne “consultore del vivere interiore” per eccellenza dei coniugi Longo-Fusco.

P. Antonio M. Losito CSsR (1902-1917)

Padre Losito appare come il consigliere e l’oracolo di Dio nelle “agonie” del Beato, nelle “lotte intime”, nelle angosce di coscienza, nell’abbandono, nella purificazione spirituale, nella kenosi. A lui si deve in gran parte l’influsso esercitato su Bartolo Longo dalla dottrina e dall’esempio di Sant’Alfonso in circostanze simili. Fu, infatti, p. Losito ad inculcargli lo spirito di obbedienza al papa. A tale scopo, Losito potè avvalersi del prestigio che godeva presso s. Pio X, che – tra il 1905 e il 1914 – lo ricevette numerose volte in udienza privata e lo stesso Longo conferma che: «Pio X in una nostra udienza si degnò dire a noi che egli aveva avuto chiare prove dei doni straordinari di questo servo di Dio». Losito gli fu accanto negli anni più tormentati di Bartolo Longo nei rapporti con la Santa Sede. Il periodo più nero per lui andò dal dicembre 1904 al gennaio 1906 i «tristissimi quattordici mesi». Pio X e i suoi collaboratori sottoposero i due Fondatori a una prova durissima. Losito in definitiva facilitò la mediazione tra la Santa Sede e l’Avvocato Longo per il futuro governo delle Opere a Valle di Pompei. Fin dagli inizi della sua Opera erano giunte a Longo richieste di accogliere bambine figlie di madri o padri carcerati. Fu così che il Commendatore ritornò con la mente all’antico progetto. Longo pensava di dare vita a un Istituto di vera e propria prevenzione e redenzione sociale delle figlie dei carcerati. Fu il p. Losito che si servì dell’ascendente che godeva presso Pio X per facilitare la strada all’«ultimo voto del cuore» del Commendatore. Il 22 giugno 1910 Losito era a Roma e venne ricevuto in udienza da Pio X, e colse l’occasione per perorare la causa della nuova Opera. Al Pontefice fece intendere il vero concetto dell’Opera, rivolta direttamente a impedire il peccato. Il Papa acconsentì e benedisse la nuova Opera.  Ma una dura lettera dalla commissione cardinalizia gelò gli entusiasmi e troncò ogni iniziativa. Il Commendatore, anche se addolorato e turbato, obbedì. Padre Losito continuò a sostenerlo in mezzo a tutte le difficoltà, imponendogli di non desistere dal generoso proposito, gli ripeteva: «Chi concorre a quest’Opera avrà scritto il suo nome in Cielo, perché essa non solo salva anime … ma concorre direttamente a far diminuire i peccati e le offese a Dio».  

Ma dopo trent’anni il grido dell’Avvocato Longo fu accolto. 

Il 15 ottobre 1922 si pose la prima pietra dell’erigendo Istituto. Quanto all’azione svolta dal suo confessore a bene suo e delle Opere pompeiane, il futuro santo alla morte di p. Losito scrisse: «noi piangiamo in lui l’angelo datoci dalla Provvidenza per dirigere pel corso degli ultimi quindici anni e in ore assai difficili il nostro spirito […] Egli ci dovette guidare in periodi assai tempestosi. Fu la nostra luce, la nostra forza. Alieno da ogni imposizione austera, da ogni frase dura, egli aveva una parola […] che ci scendeva nell’anima come un’onda di dolcezza. Ci confortava col pensiero della Madonna, che s’era degnata di scegliere noi nel mondo a umile strumento delle sue misericordie, ci mostrava nelle tempeste il nostro porto sicuro, il gran porto della Provvidenza di Dio. E noi, dopo avergli rivelato con la semplicità d’un fanciullo tutto il nostro spirito, le sue ansie, le sue perturbazioni, le sue pene, uscivamo dalla sua piccola cella racconsolati e commossi e dicevamo a noi stessi: è un santo che ci perdona, un santo che ci benedice!».

Il carisma redentorista attraverso il ministero dei tre Venerabili Ribera, Leone e Losito veniva così messo al servizio dell’Opera ecclesiale di Pompei. Ulteriore coinvolgimento dei Redentoristi dopo la morte del fondatore († 1926) si manifesta attraverso la loro presenza nel Santuario di Pompei per il ministero della riconciliazione (1934) e nell’avere sempre postulato la sua causa, contribuendo alla diffusione della sua fama di santità e alla raccolta di testimonianze per il processo di canonizzazione. 

Sac. Mario Porro
vicepostulatore