Marciano Vidal, teologo di frontiera

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“Teologo di frontiera” è la definizione che il noto redentorista spagnolo dà di se stesso. Intendendo la frontiera non come un confine invalicabile, bensì come un luogo di incontro e di confronto con realtà e mondi diversi dal tuo. Così Marciano Vidal ha inteso tutta la sua opera di teologo morale del postconcilio: dialogare con la sensibilità dell’uomo del suo tempo in obbedienza al dettato conciliare che, nell’Optatam totius (n. 16), chiedeva che si facesse «particolare attenzione al rinnovamento della teologia morale». Si trattava, nel discorso morale, di recuperare la dimensione biblica e l’importanza della persona sacrificate nel tempo ad una visione casistica.

Vidal, in questo libro/intervista racconta se stesso, dalle proprie origini, dalle esperienze dell’infanzia in famiglia e nella piccola comunità di San Pedro de Trones (León). E poi il suo ingresso nella congregazione dei redentoristi, la sua formazione culturale, la maturazione della propria vocazione. Fino alla destinazione agli studi teologici propostagli dai suoi superiori.

Egli dichiara che i tre grandi teologi del passato che ancora oggi lo illuminano sono san Tommaso d’Aquino, Francisco de Vitoria e sant’Alfonso Maria de’ Liguori, mentre il quartetto dei teologi contemporanei che hanno configurato il suo background teologico-morale sono Bernhard Häring, Josef Fuchs, Franz Böckle e Richard McCormick.

Nel libro colpisce l’entusiasmo con il quale Vidal si è impegnato nell’insegnamento e nella ricerca, nella consapevolezza che l’aria nuova portata dal Vaticano II dovesse contagiare anche l’ambito della morale. Purtroppo, la primavera conciliare – secondo il teologo redentorista – fu subito frenata dal magistero di vertice. Mentre riconosce la bellezza e la pertinenza dei documenti che riguardano la morale sociale, non altrettanto positivo è il giudizio di Vidal sui documenti magisteriali che riguardano la persona. Li trova privi di coraggio.

E sono state proprio le sue posizioni in merito ad avergli costato un doloroso processo canonico. Quasi quaranta pagine del libro ripercorrono quella vicenda. Il giudizio di Vidal su quanto è successo e sui personaggi coinvolti è assai amaro per il metodo e per il merito. Dopo un primo processo che, comunque, non lo privò dell’insegnamento, una serie di riserve giunte a Roma da parte di alcuni episcopati indusse la Congregazione per la dottrina della fede (prefetto era Joseph Ratzinger) a riaprire il contenzioso. E questa volta dovette firmare la Notificazione con la quale gli si chiedeva una retractatio su alcuni punti qualificanti della sua teologia. «Oggi non firmerei» scrive nelle ultime pagine, aggiungendo che conserva nelle sue note private questa dichiarazione: «Firmo questo contro la mia coscienza e lo firmo senza credere a niente di quello che ho firmato».

Bello il suo credo finale (pp. 165-167), nel quale afferma di credere che la tutta la realtà possiede un senso e che solo Gesù, confessato come Cristo, è capace di dare risposta piena ed esauriente a questa richiesta di senso.

Marciano Vidal, Un teologo di frontiera. La fede, la morale e il processo romano, Conversazione con José Manuel Caamaño. Edizione italiana a cura di Francesco Strazzari, Collana «Lapislazzuli», EDB, Bologna 2017, pp. 167, € 18,00.

Da http://www.settimananews.it

 

 

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