Omelia di Sua Eminenza il Cardinale Tobin per l’ordinazione episcopale di Mons. Alfonso Amarante, C.Ss.R.

0
423

6 ottobre 2023

Cari fratelli e sorelle in Cristo,

In questa bellissima liturgia, la Chiesa celebra la fedeltà di Dio che ancora una volta mantiene la sua promessa di dare pastori secondo il suo cuore che ci guideranno con scienza e intelligenza. La nomina di Padre Alfonso Amarante ha indubbiamente suscitato in lui proteste profetiche che prendono spunto dalle parole di Geremia: Ahimé, Signore Dio! Ecco, non so parlare – il nostro amato Alfonso osa aggiungere perché sono giovane? Per confortarlo – e confermare la nostra gratitudine per il suo generoso assenso alla chiamata del Santo Padre, propongo la testimonianza di uno dei suoi fratelli maggiori, un santo canonizzato che ha trovato la santità come vescovo.

Alcuni anni fa, uno storico redentorista, lavorando negli Archivi Segreti del Vaticano, trovò un rapporto piuttosto negativo su un vescovo redentorista negli Stati Uniti di nome Giovanni Neumann. Il documento era stato archiviato da un inviato speciale di Propaganda, il dipartimento della Curia romana che si occupava della Chiesa nei cosiddetti “Paesi di missione”. A metà dell’ottocento, gli Stati Uniti rientravano in questa categoria. Il nome dell’inviato era Gaetano Bedini, un arcivescovo, poi cardinale, che fu inviato appunto da Propaganda per esaminare la vita della Chiesa cattolica statunitense. Dopo una visita di otto mesi, presentò una relazione datata 12 luglio 1854.

Avendo lavorato nella Curia, ho sorriso leggendo le parole di Bedini. Chiaramente egli non vuole esporsi criticando i vescovi degli Stati Uniti, e rassicura il suo capo dichiarando che il Prefetto è già sufficientemente informato su questi americani. Nota che “in realtà sono molto rispettabili in ogni modo e degni della loro posizione elevata”. Ma la cautela diplomatica di Bedini scompare quando parla di Monsignor Neumann. Scrive così:

Eppure, oso menzionare il vescovo di Filadelfia, che non è all’altezza dell’importanza di quella grande città. La questione non è la dottrina o lo zelo o la pietà, ma piuttosto la sua personale trasandatezza e il suo disprezzo per la moda. La verità è che è evidentemente santo e zelante, ma più come missionario che come Vescovo. Non bisogna dimenticare i modi molto modesti dell’Istituto a cui appartiene e Filadelfia [è] una città popolosa, ricca, intelligente, piena di vita e di un’importanza che richiede chiaramente uno stile diverso di Vescovo.

Bedini conclude il suo ritratto di Neumann con un giudizio:

Sono convinto che potrebbe accettare volentieri di essere trasferito in una Diocesi in formazione e notevolmente povera, poiché ciò sarebbe più adatto ai suoi modi, compresa la sua genuina e sentita umiltà.

Ascoltando la valutazione dell’Arcivescovo Bedini, ci colpisce la distinzione tra la santità di Giovanni Neumann – quella che il legato chiama la “santità di un missionario” – e la santità di un vescovo. Se una tale distinzione è mai stata giustificata, oggi certamente non può essere mantenuta. Il Concilio Vaticano II e tutti i Papi del post-concilio hanno costantemente insegnato che la Chiesa è missionaria per sua stessa natura. Con il nostro Battesimo, diventiamo corresponsabili della missione della Chiesa e ognuno di noi può dire con l’apostolo Paolo… se annuncio il Vangelo, non ho motivo di vantarmi, perché mi è stato imposto un obbligo e guai a me se non annuncio il Vangelo! (1 Cor. 9,16).

Le sfide dell’annuncio del Vangelo oggi possono essere affrontate solo da una Chiesa di missionari, una Chiesa in uscita, una comunità che si preoccupa di annunciare la pienezza di vita – che è possibile grazie all’incontro con Gesù Cristo – piuttosto che a ripiegare verso qualsiasi tipo di faziosità o vuota ideologia. Una Chiesa in cui tutti i battezzati si rendano conto che conserviamo questo tesoro in vasi di creta, affinché la potenza straordinaria sia da Dio e non da noi (2 Cor. 4,7). Una Chiesa le cui strutture sono inequivocabilmente missionarie, riflettendo umilmente la missione del Figlio, che il Padre ha inviato perché ha tanto amato il mondo.

La missione di un vescovo missionario segue l’esempio del buon pastore, che dà la vita per le sue pecore. Se si pensa alla descrizione consegnataci da Gesù nel Vangelo, il buon pastore e il “mercenario” sembrano uguali – fino a quando non compare sulla scena il lupo. È quando la Chiesa locale è minacciata, che il Vescovo dimostra il suo valore. All’epoca di Giovanni Neumann, la povertà, la scarsità di risorse e l’ostilità della cultura dominante minacciavano la vita e il futuro della nascente diocesi di Philadelphia. Giovanni Neumann non fuggì, ma ricostruì le chiese bruciate, organizzò un sistema scolastico, sostenne gli ordini religiose e visitò incessantemente il vasto territorio per organizzare strutture che garantissero la trasmissione della fede alle nuove generazioni. Le minacce lo confermarono come pastore secondo il cuore di Gesù, il Buon Pastore.

Se la santità della Chiesa è missionaria, allora la santità dei Pastori non può che essere missionaria. Il ministero del Vescovo è quello di chiamare e coordinare i doni di tutti i battezzati per il bene della missione della Chiesa.

Sant’Agostino, anche lui vescovo, ha parlato per tutti coloro che condividono il ministero episcopale quando ha scritto:

Qualunque cosa siamo, non riponete in noi la vostra speranza: se siamo buoni, siamo vostri servitori; se siamo cattivi, siamo ancora vostri servitori. Ma se siamo servi buoni e fedeli, allora siamo veramente tuoi servi.

Caro Padre Alfonso, nel chiamarti all’Ordine dei Vescovi, il Successore di Pietro non ti ha chiamato a prenderti cura di una diocesi popolosa, ricca e intelligente, né di una diocesi ancora in formazione e notevolmente povera. Ti ha invece chiesto di supervisionare la missione di una particolare famiglia di fede, una venerabile Università che ha sempre avuto uno stretto rapporto con il Vescovo di Roma. La strettissima relazione tra la Pontificia Università Lateranense e il Sommo Pontefice è stata particolarmente sottolineata da Papa Giovanni Paolo II che, durante la sua prima visita il 16 febbraio 1980, nel suo discorso nell’Aula Magna, rivolgendosi a tutte le componenti accademiche disse: Voi costituite, a titolo speciale, l’Università del Papa: un titolo senza dubbio onorifico, ma proprio per questo oneroso.

Sentirai questo peso, affronterai i lupi che minacciano la testimonianza evangelica – persino l’esistenza di una grande Università, troverai ogni giorno nuovi modi per dare la tua vita. Lo farai, caro fratello, non solo grazie ai doni di natura che Dio ti ha elargito, ma anche grazie al sacramento che stai per ricevere nella sua pienezza. Dio ti equipaggia per vivere la tua vita missionaria in questa nuovo servizio nella Chiesa con i doni di uno spirito di forza, di carità e di prudenza. Troverai la santità come messaggero, apostolo e maestro.

Nel 1854 il vescovo Giovanni Neumann si recò a Roma e partecipò a un evento unico nella storia moderna della Chiesa. Papa Pio IX definì solennemente la dottrina dell’Immacolata Concezione: la verità che la Beata Vergine Maria fu mantenuta libera dal peccato originale fin dal momento del suo concepimento e fu riempita della grazia santificante normalmente conferita durante il battesimo. La sua partecipazione alla definizione di questa dottrina ha indubbiamente rafforzato San Giovanni Neumann, perché in questa verità Dio rivela ancora una volta che nulla può vanificare la sua volontà salvifica, nemmeno le tenebre del peccato e della morte. Maria ha collaborato con questa grazia e ha cantato: Colui che è potente ha fatto grandi cose per me! Santo è il Suo Nome!

Che Maria Immacolata aiuti questa grande Università a riconoscere che Dio ha fatto grandi cose per lei e che nulla, nemmeno il peccato e la morte, vanificherà il divino piano. Allora, come Maria, questa Università canterà la grazia salvifica di Dio, e il suo Pastore troverà la santità portando il Vangelo alle nuove generazioni.

Amen!

Joseph W. Tobin, C.Ss.R.
Arcivescovo di Newark

Pdf allegato:

Print Friendly, PDF & Email