La redenzione in Sant’Alfonso e la vita redentorista

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(foto di Thiago Leon/ A12.com)

La chiave di lettura della spiritualità alfonsiana è l’amore

Si è parlato molto dei Missionari Redentoristi, figli di Sant’Alfonso, che predicano la spiritualità della redenzione. Ancora alla luce della Settimana Santa, la parola redenzione è in aumento e, come eredi di una spiritualità redentrice, è quasi un obbligo per i Redentoristi avere chiare ispirazioni su ciò che la teologia intende per redenzione.

Quindi, come un seguace di Alfonso, oso condividere con voi alcune di queste ispirazioni che motivano il modo di essere del missionario redentorista.

Per farlo, torniamo rapidamente al contesto storico in cui Alfonso visse, nella città di Napoli nel XVIII secolo. Tra le tante linee spirituali, c’era una forte corrente chiamata giansenismo, una spiritualità rigorista, estremista ed escludente.

Per i giansenisti, Gesù era un giudice severo la cui morte aveva salvato pochi eletti; per i giansenisti, il mondo era malvagio e depravato; erano rigorosi nelle pratiche penitenziali e predicavano che la comunione era riservata a pochissime persone la cui santità era rigorosamente provata.

Ma Alfonso non la pensava così e osava mettere in discussione questa linea spirituale malvagia e meschina. Per lui, Dio voleva che tutti, senza eccezioni, fossero salvati in Cristo, grazie all’amore appassionato di Gesù per l’umanità peccatrice. La chiave di lettura della spiritualità alfonsiana è l’amore: l’amore di Dio per l’uomo e lo sforzo dell’uomo, riconoscendo questo amore, di amare Dio.

Sant’Alfonso vede l’Incarnazione come una possibilità di redenzione, di guarigione amorevole per l’essere umano ferito. Dio non ha mandato suo Figlio Gesù per pagare per i nostri peccati, ma per insegnarci l’amore incondizionato per lui, che è capace di salvarci dal peccato umano. Nella libertà e nell’amore, Gesù si offre fino all’estremo, affinché il nostro desiderio di essere più vicini a Dio possa essere estremo.

La sofferenza di Gesù è vista come un atto di radicale “innamoramento”; la follia della croce è la follia dell’amore. Con la sofferenza, ci insegna Alfonso, Gesù Cristo vuole suscitare in noi una rapida risposta d’amore, che guarisce e lenisce la sofferenza. Questa risposta, però, è sempre personale. E la preghiera è un chiaro segno del desiderio sincero di essere in Cristo. Da qui l’azzeccata affermazione di Alfonso: “Chi prega si salva; chi non prega è condannato“.

La redenzione nasce all’interno della persona e si riversa nella missione. Non esiste una missione o un ministero pastorale redento; esistono uomini e donne che, cercando la redenzione, producono azioni redentive intorno a loro. Per Alfonso, la redenzione è viscerale, amorevole e liberatoria. Non si è convertito al cristianesimo, ma si è convertito a Gesù Cristo. La spiritualità redentorista e il nostro amore per la redenzione sono nati più dal cuore che dalla ragione.

Alphonse passa in rassegna le teorie della redenzione, dall’espiazione e dalla soddisfazione alla tesi della donazione d’amore di Gesù per l’umanità, stabilendo una visione positiva della Creazione e dell’Uomo. La redenzione non è un atto per salvaguardare l’onore di Dio (soddisfazione), ma per recuperare il senso dell’amore nell’umanità, degli uomini verso Dio che li ama infinitamente (dono di sé). La redenzione non è venuta per correggere la creazione, ma per dare compimento a tutto ciò che Dio ha toccato con le sue mani.

I Redentoristi, eredi spirituali di Sant’Alfonso, hanno l’obbligo radicale di aprirsi alla pluralità culturale della redenzione. Siamo in tutto il mondo, in diversi modi di intendere la vita, e in tutti il significato della redenzione sarà unico.

I Redentoristi sono chiamati a non soccombere mai al male reale del mondo, e allo stesso tempo devono essere consapevoli che il male non sarà mai eliminato dall’evangelizzazione della Chiesa, per quanto perfetta possa essere. La redenzione definitiva e piena è in Gesù Cristo e solo in Lui!

Padre Evaldo César, C.Ss.R.

(fonte: www.a12.com)

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