L’etica al tempo del Coronavirus

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(dal blog dell’Accademia Alfonsiana)

“Come comportarsi nel tempo dell’emergenza da Coronavirus? Alcune norme morali da osservare con senso di responsabilità.”

L’emergenza del Covid-19 sta mettendo duramente alla prova il nostro Paese e numerose altre nazioni, impreparati davanti a un’epidemia inattesa e di così rapida diffusione.

Stanno cambiando le nostre abitudini, in virtù di un appello alla responsabilità che sta limitando molte delle nostre attività quotidiane e delle nostre relazioni.

Anche l’etica viene interpellata per offrire delle risposte o iniziare ad avviare processi dinanzi a questa situazione emergenziale.

Informazione

Una delle esigenze fondamentali al diffondersi di una nuova epidemia è quella di un’informazione chiara, univoca e scientificamente fondata, offerta da fonti autorevoli. Ciò contribuisce a evitare reazioni inconsulte di panico, infondendo consapevolezza, ragionevolezza e moderazione nell’opinione pubblica che è solita reagire in termini emotivi e irrazionali.

L’informazione deve accompagnare costantemente le misure preventive o restrittive assunte dalle pubbliche autorità per motivare l’osservanza delle disposizioni (compliance) e motivare i cittadini sull’efficacia dei sacrifici richiesti.

Si richiede una collaborazione dei mezzi di comunicazione in vista del bene comune, mettendo in secondo piano il sensazionalismo e la ricerca dello scoop per contribuire a un clima consapevole dei rischi, ma sereno e fiducioso. Ciò non significa annullare il diritto di informazione, ma modulare il suo esercizio nelle forme che la prudenza impone in situazioni di pericolo e di emergenza.

Il ruolo di chi governa la cosa pubblica è fondamentale e richiede la massima trasparenza verso i cittadini, insieme a collaborazione e convergenza tra i diversi organi e livelli amministrativi.

Riservatezza

In questi giorni con molta facilità sono apparsi nome e cognome degli infetti: questo costituisce una grave violazione della privacy dei soggetti interessati in tema di dati sensibili come quelli che riguardano la salute.

In momenti di emergenza, è facile che sorgano richieste di identificare i contagiati nell’illusione che ciò permetta di contrastare l’epidemia, mentre spesso contribuisce solo a rafforzare false sicurezze e forme di emarginazione dei malati esposti al pubblico come “appestati” e (possibili) untori.

È abbastanza istintivo che in situazioni di allarme sociale risulti più facile la compromissione dei diritti fondamentali ed è più difficile che si levino voci differenti in difesa della loro tutela. Occorre invece ribadire che i diritti fondamentali non possono mai venire annullati in nome di nessuna forza di causa maggiore; il loro esercizio può essere regolato e – in casi estremi – sospeso solo se è evidente che ciò contribuisca effettivamente a tutelare il bene comune.

E questo è bene che sia eventualmente attuato solo per limitati periodi di tempo, al fine di evitare che l’urgenza e il timore favoriscano lo scivolamento verso forme di ingiustizia e di sopruso.

Criteri di accesso a limitate risorse mediche

Gli anestesisti italiani hanno comunicato la possibilità di un cambio nelle forme di triage per definire l’accesso dei pazienti nelle unità di terapia intensiva (UTI) nel caso in cui i posti risultino estremamente scarsi rispetto ai malati che necessitino un tale supporto.

Occorre ricordare che questa eventualità, prevista per le situazioni eccezionali di catastrofe o di guerra, corrisponde alla necessità di salvare il maggior numero di persone a fronte di risorse limitate che non possono essere offerte a tutti, come normalmente accade. Ciò deve essere applicato quando veramente si raggiunga un livello limite e il ricorso a un “razionamento delle risorse” corrisponda davvero all’unico bene possibile che può essere realizzato in una situazione grave e non diversamente affrontabile.

Prima di compiere questo passo, devono essere esaurite tutte le alternative disponibili sul territorio nazionale – comprese quelle previste per le calamità naturali –, secondo una logica di solidarietà e di condivisione delle risorse. In tal caso, un’informazione puntuale e non allarmistica dovrà essere fornita a tutti, assicurando sulla giustizia e sull’imparzialità dei criteri assunti per selezionare i pazienti, che dovranno essere prevalentemente di carattere medico e quanto più oggettivi possibile per non lasciar spazio a discriminazioni ingiuste.

Anticipare però l’informazione prima che si verifichino le circostanze descritte, appare come una comunicazione allarmistica temeraria e inopportuna, almeno nel momento attuale.

La comunità cristiana

I credenti sono chiamati a comportarsi come cittadini consapevoli e collaborativi, assumendosi le proprie responsabilità in sintonia con le disposizioni delle autorità.

Se una delle misure preventive richiede di evitare riunioni con concorso di gente, la sospensione della partecipazione del popolo alle celebrazioni sembra legittima e opportuna.

Gli ordinari del luogo sono chiamati a pronunciarsi con chiarezza in proposito, per evitare discrepanze di comportamento tra i fedeli, presbiteri inclusi! E i credenti hanno l’obbligo morale di comportarsi in modo leale e rispettoso delle norme, evitando sotterfugi.

Certamente, la rinuncia alla partecipazione in presenza all’eucaristia (soprattutto domenicale) è un sacrificio per i cristiani, ma il bene della salute pubblica può richiedere in situazioni eccezionali la restrizione anche delle forme del culto pubblico. In tali casi, i media possono offrire forme alternative di partecipazione, di contatto con la comunità e di supporto alla preghiera.

Il digiuno eucaristico forzoso – come altre forme di rinuncia imposte dall’emergenza – può farci recuperare il valore e l’apprezzamento per ciò che spesso diamo per scontato: eucaristia, comunità, relazioni, possibilità… che in questo tempo di “quaresima speciale” costituiscono forme di digiuno efficaci e di condivisione con i cristiani che vivono questa mancanza come normalità.

Un’etica della responsabilità

Da più parti giunge una critica alle disposizioni del Governo, che – secondo alcuni – mancherebbero di chiarezza e non offrirebbero limitazioni chiare ad alcuni comportamenti giudicati irresponsabili.

Come arginare, per esempio, l’esodo di studenti e lavoratori che, dalla Lombardia, cercano di ritornare al Sud? Come limitare le forme di aggregazione nelle pizzerie o nei pub? Come fronteggiare la sospensione delle attività scolastiche e accademiche? Ci si richiama all’esigenza di norme sempre più dettagliate che regolamentino l’agire civile e prevedano sanzioni esemplari per chi le trasgredisce.

Crediamo, tuttavia, che sia necessario richiamare le coscienze a un’etica della responsabilità. In un momento di emergenza e di crisi, dove nemmeno la norma riesce a coprire la pluralità dei casi che la realtà ci presenta, occorre maturare la capacità di un discernimento maturo capace di cogliere non ciò che è utile per sé, ma ciò che costituisce “il meglio possibile” da compiere per progredire nella carità e nel bene comune.

di: Giovanni Del Missier – Roberto Massaro

Fonte: http://www.settimananews.it/societa/etica-al-tempo-del-coronavirus/

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