Il nuovo libro “sull’apostolo di Napoli”

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L. La Forgia, Emanuele Ribera da Molfetta, Redentorista e Servo di Dio, Ed. La Nuova Mezzina, Molfetta (BA) 2020, pp. 44.

Il redentorista Emanuele Ribera (1811-1874), definito coscentiarum moderator insignis (C. Benedetti, Servorum Dei e Congregatione Sanctissimi Redemptoris, Album quod in eorum causis actor…, Roma 1903, pp. 31-32)è una figura chiave per la storia della Chiesa napoletana nell’Ottocento. Il suo ricordo, per lungo tempo, ha rischiato di eclissarsi. L’ultimo studio inerente alcuni suoi scritti spirituali risale al 1970, ad opera del noto studioso redentorista Oreste Gregorio, il quale con l’Edizione Storia e Letteratura editava Propositi, Lumi e avvisi spirituali. Il libro costituisce parte del VI volume dell’Archivio italiano per la storia della pietà. 

Cinquant’anni dopo (1970-2020) il suo profilo biografico viene ripresentato in un lavoro di Lazzaro La Forgia, cittadino di Molfetta e appassionato ricercatore di storia locale, con l’intento di riproporlo all’attenzione dei suoi concittadini e di risvegliare in essi l’interesse  nei confronti di uno dei personaggi storici più rappresentativi dell’Ottocento religioso pugliese, al quale non sempre è stato dato il giusto riconoscimento nella letteratura e nella memorialistica locale, come si fa notare nel volume in questione, rilevando la mancanza del suo ritratto e del suo nome nella Galleria degli uomini illustri di Molfetta di Mauro Uva del 1993, guida alla pinacoteca nella quale sono stati raccolti i ritratti delle personalità più importanti della città (cf. p. 36). A tali, probabilmente non intenzionali vistose lacune, vuole ovviare l’autore della pubblicazione che presentiamo, per restituire il Ribera alla storia della sua città natale e alla memoria dei suoi abitanti.

Quella del padre Emanuele, come fa notare opportunamente p. Serafino Fiore, nella sua Presentazione, può apparire una figura che, ad uno sguardo distratto e superficiale, è «relegata in un passato che non c’è più e che sembra non avere nessun rapporto col nostro oggi», eppure ha qualcosa da dirci, «perché radicato nella umanità che tutti ci accomuna e aperto verso il mistero e l’eterno che tutti ci interpella» (p. 1). 

La sua influenza nella vita ecclesiale dell’Ottocento italiano è stata notevole, se si pensa ai numerosi preti e religiosi che si sono rivolti a lui per la direzione spirituale e se si elencano i numerosi personaggi storici con cui è entrato in contatto, principalmente a Napoli, e a Roma. Tra questi meritano una particolare menzione alcuni membri dell’Oratorio, dell’Ordine delle Scuole Pie e di altri istituti religiosi, diversi vescovi, fondatori e fondatrici di congregazioni, nella cui vicenda biografica l’influsso del Ribera fu determinante. 

Una delle scuole di spiritualità che ebbe un notevole ascendente sull’itinerario spirituale del redentorista di Molfetta fu certamente quella oratoriana. La sua frequentazione, a scadenza settimanale, del complesso dei Gerolamini, sede dell’Oratorio filippino di Napoli, è attestata a partire dal rapporto con p. Giuseppe Pennasilico (1805-1883), suo confessore per trent’anni, con il Cardinale Alfonso Capecelatro, con p. Aniceto Ferrante e p. Carlo Rossi, preposito dell’Oratorio di Roma, per richiamare solo alcuni nomi che sono riportati nella sua biografia, senza ignorare che non sono certamente gli unici (cf. O. Gregorio, Propositi, Lumi e avvisi spirituali, p. 265, 269, 273, 275,)

I suoi contatti furono frequenti anche con i vescovi della Capitale del Regno, tra cui i cardinali arcivescovi di Napoli, Filippo Giudice Caracciolo e Sisto Riario Sforza, con i quali collaborò alla riforma del clero partenopeo (Ibidem, p. 275). Tra i fondatori che incrociarono il Ribera nel loro faticoso cammino di discernimento si ricordano: San Ludovico da Casoria fondatore dei Frati bigi e delle Suore elisabettine (Ibidem, p. 274); San Vincenzo Maria Pallotti (Ibidem, p. 259, nota 2); la venerabile Maria Pia della Croce Notari, fondatrice delle Suore Crocifisse Adoratrici dell’Eucaristia (cf. L. M. Fontana, Rose e spine della martire della Croce. Storia della serva di Dio madre Maria Pia della Croce, fondatrice delle Crocifisse Adoratrici del SS. Sacramento, Scuola Tipografica Pontificia per i figli dei carcerati, Pompei, 1921, p. 97); S. Caterina Volpicelli, fondatrice delle Ancelle del Sacro Cuore, (cf. A. Illibato, Caterina Volpicelli, Donna della Napoli dell’Ottocento, Rubbettino, Soveria Mannelli (CZ), 2008, pp. 107, 206, 207, nn. 208, 245, 246, 257, 289); il Beato Tommaso Fusco, fondatore delle Figlie della Carità del Preziosissimo Sangue (O. Gregorio, Propositi, p. 267); il beato Bartolo Longo, fondatore del santuario di Pompei e delle sue opere (cf. A. Illibato, Bartolo Longo, Dal Salento a Pompei, La carità che fa nuova la storia, Città del Vaticano, 2017, pp. 40, 42, 47, 50, 59, 61, 62, 65). Ebbe inoltre rapporti con altri personaggi rappresentativi della sua epoca: il venerabile P. Bernardo Clausi dei Minimi (O. Gregorio, Propositi, p. 265); l’abate Emidio Cesarini, il gesuita p. Ratti e il vescovo di Sora monsignor Giuseppe Montieri (Ibidem, p. 265, 267); lo scolopio p. Saverio Gioffreda e non per ultimo il redentorista Vito Michele di Netta al quale successe nel ruolo di maestro dei novizi a Ciorani. È sufficiente questo elenco di nomi per dare l’idea dell’importanza della figura del Ribera per la ricostruzione di alcune pagine della storia della Chiesa napoletana e romana nel XIX secolo. 

Lazzaro La Forgia si interessa alla figura quasi sconosciuta del Ribera a partire da un incontro amichevole con p. Ciro Avella, redentorista della Provincia di Napoli e appassionato divulgatore della santità del servo di Dio, che lo ha sollecitato a tracciare un profilo del personaggio, come egli stesso afferma nel preambolo del suo lavoro (cf. p. 12). A tale incontro probabilmente è da ricondurre il primo approccio dell’autore con la letteratura e l’iconografia riberiana. La lettura della biografia del redentorista A. Di Coste, anch’egli pugliese, pubblicata nel 1909, e ad oggi l’unico lavoro biografico più corposo sul personaggio, è stato il punto di partenza che ha dato vita alla stesura del libro. A questo testo, ovviamente datato, egli fa riferimento per la cronologia, oltre che per la ricchezza di testimonianze e di riferimenti a luoghi e persone, citandone abbondanti stralci, che ricuce con altre informazioni storiche rintracciate nello studio già menzionate di p. Gregorio e in un’altra opera, forse meno conosciuta di Orazio Panunzio, Una lettera dall’aldilà, edita a Molfetta nel 1989. 

Se queste pubblicazioni costituiscono i punti di riferimento essenziali per l’autore, egli non si è fermato ad esse. Spulciando con tenacia nella stringata bibliografia inerente al Ribera, ha rinvenuto articoli, saggi e piccole pubblicazioni, alcune quasi irreperibili, nelle quali recuperare ulteriori notizie sull’opera del suo biografato e su particolari eventi della sua vita. Tale ricerca confluisce nella Bibliografia, posta in calce al volume (pp. 42-44) e ci offre la cifra della investigazione di fonti, per la maggior parte edite, condotta nella fase preparatoria alla redazione. 

La Forgia, coerente con il suo progetto editoriale, si preoccupa di condurre un’accurata indagine anagrafica sulla famiglia Ribera, collocandone il vissuto nella società molfettese del primo Ottocento. Attraverso la descrizione dei luoghi (vie, case, palazzi e chiese) e la presentazione degli antenati del servo di Dio, egli attira l’interesse del lettore verso una pagina di storia locale poco nota ma fondamentale per la ricollocazione del suo personaggio nelle vicende storiche della città e della Chiesa diocesana (cf. pp. 13-18). Particolare attenzione dedica ad Elisabetta Cozzoli, madre del Ribera, gettando luce sulla sua complessa vicenda, che si snoda tra vita familiare e tentativi di monacazione, concludendosi con il ritorno alla cura del patrimonio familiare. È attraverso le vicissitudini della madre, figlia spirituale del Pallotti e con lui confondatrice di una casa religiosa a Roma, che p. Ribera nel 1842 approda nella città eterna, ospite dei confratelli p. Carmine Carbone e p. Giuseppe Mautone, nella piccola casa di S. Maria in Monterone (p. 25), ed entra in contatto con alcuni ecclesiastici in vista del tempo, creando una rete di relazioni spirituali che avranno la funzione di confermarlo nella sua vocazione di “bibliofilo”, altro aspetto peculiare della personalità del Ribera messo in luce da La Forgia nel suo lavoro. In un contesto in cui la stampa e la diffusione del libro toccava una fascia sempre più ampia di lettori, p. Emanuele intuì che la divulgazione di libri ascetici, spirituali e biografici, poteva costituire un valido contributo alla pastorale ordinaria e alla formazione delle coscienze. Quello che venne definito l’apostolato della buona stampa, trova nel redentorista di Molfetta, uno dei suoi più intelligenti e convinti anticipatori e assertori. Leggere e diffondere libri religiosi – lesse più di seimila biografie, – era per lui un imperativo categorico, di fronte al quale non si fece scrupolo di esigere le migliori edizioni e la più eleganti tirature dei classici della spiritualità, come il Combattimento spirituale dello Scupoli eL’Imitazione di Cristo, di cui ebbe tra le mani le prime edizioni. Non inferiore fu la sua dedizione alla diffusione delle opere di Sant’Alfonso, che in quegli anni venivano stampate in serie completa e in singoli volumetti. Egli stesso infatti aveva sperimentato l’utilità dei buoni libri, quando in età adolescenziale trovava nelle opere del beato Gennaro Maria Sarnelli e di San Francesco di Sales le sue letture preferite e nella biografia di sant’Alfonso del Tannoia, le origini della sua vocazione redentorista (cf. p. 19). 

Altro elemento di novità, evidenziato dall’autore è la promozione del laicato cattolico da parte del Ribera, che ha la sua parabola più significativa nel rapporto di direzione spirituale con l’avvocato Bartolo Longo, nella fase della sua conversione e prima formazione spirituale (cf. p. 26). Il Beato fu uno dei più convinti propugnatori della santità del Ribera e molto probabilmente uno dei suoi biografi, con breve volumetto divulgativo dato alle stampe nel 1883 nella tipografia dell’erigendo santuario pompeiano. L’opuscolo fu ristampato nel 1893. È difficile stabilire quanti fedeli laici ebbero nel padre Emanuele il loro confessore e direttore spirituale, durante la sua lunga permanenza a Napoli, peregrinando da una residenza all’altra, fino ad approdare alla casa di via delle Pigne, dopo il soggiorno presso le Scuole Pie e la comunità dei Pii Operai di via Duomo, finché non furono soppresse. 

Dalle pagine del libro di La Forgia risalta un altro aspetto della personalità del Ribera, il suo amore per lo studio, opportunamente richiamato nella Presentazione, come uno dei punti forza della sua attualità: «in un tempo come il nostro in cui lo studio serio viene sacrificato spesso sulla graticola del nozionismo, o dove, la rete sbocconcella sintesi e ritagli da copia e incolla per l’uso di chi così si illude di sapere, lo studio rimane davvero una bella sfida che P. Emanuele lancia a ciascuno di noi» (p. 2). 

L’elegante brochure di Lazzaro La Forgia, fedele ai canoni di sintesi ed estetica e sostenuta da una solida base storico bibliografica, raccoglie abbondante materiale documentale, rintracciato attraverso pazienti ricerche archivistiche e bibliografiche. La ricchezza di immagini, fotografie e riproduzioni è complementare alla narrazione e si rende utile al lettore per la conoscenza de visu di luoghi e personaggi, il più delle volte inediti. Alcune rarissime foto e immagini divulgative del Ribera consentono la conoscenza della sua fisionomia e l’individuazione dell’iter che questa ha percorso attraverso le immagini devozionali che nel tempo ne hanno mutuato il volto e gli elementi distintivi della personalità e della santità (cf. pp. 8, 12, 26, 28, 41). A questa preziosa serie se ne aggiungono altre di valore non inferiore, come la riproduzione di ritratti di alcuni vescovi ed ecclesiastici di Molfetta, di numerosi redentoristi e di altri personaggi storici che popolarono la vita del servo di Dio. Di grande interesse è la sequenza di foto che ritraggono i luoghi del suo passaggio e della memoria: la chiesa e la casa, ormai abbandonata e saccheggiata, dei redentoristi di S. Antonio a Tarsia, luogo del suo apostolato e della sepoltura, e il complesso storico redentorista di Ciorani dove si conservano cimeli e preziose reliquie, nella ricostruita stanza del Servo di Dio e si custodiscono i suoi resti mortali nella monumentale chiesa settecentesca. Attraverso questa galleria è possibile visitare “virtualmente” i luoghi che conservano le tracce del passaggio del padre Ribera (cf. pp. 21, 25, 29, 31, 37), possibile stimolo ad una visita-pellegrinaggio nei luoghi della memoria. È questo uno dei pregi della pubblicazione che risponde alle esigenze del lettore odierno, catturato dall’immagine e attratto dalla brevità, spesso in cerca di luoghi inediti da visitare. 

Tanto resta da scoprire “sull’apostolo di Napoli”. Molti suoi scritti, ancora sepolti – ci auguriamo negli archivi ecclesiastici – e numerose lettere attendono di essere recuperate e pubblicate, nella speranza di avere ulteriori elementi per la conoscenza a tutto tondo della sua vicenda umana e spirituale. 

L’intuizione di Lazzaro La Forgia e la realizzazione del suo libro siano l’inizio di un nuovo interesse nei confronti della vita e dell’attività missionaria del p. Ribera, seguita, ci auguriamo, da altre più consistenti pubblicazioni, allo scopo di restituire alla storia la fisionomia di un redentorista carismatico, protagonista di un segmento di storia della Chiesa in parte ancora da scrivere.

P. Vincenzo M. La Mendola C.Ss.R.

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