Intelligenza artificiale e saggezza

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(trovi l’originale completo in inglese sul Blog dell’Accademia Alfonsiana)

“Questa invenzione produrrà l’oblio nella mente di coloro che impareranno ad usarla, perché non eserciteranno la memoria. [… esso] scoraggerà l’uso della propria memoria dentro di loro. Hai inventato un elisir non della memoria, ma del ricordo; e offri ai tuoi alunni l’apparenza di saggezza, non di vera saggezza, perché leggeranno molte cose senza istruzione e quindi sembreranno sapere molte cose, quando sono per la maggior parte ignoranti e difficili da andare d’accordo, poiché non sono saggi, ma solo appaiono saggi”.

Queste parole sulla scrittura, attribuite a Socrate (469-399 a.C.) da Platone, sono abbastanza simili a quelle che sentiamo oggi sull’intelligenza artificiale (AI). Ciò dimostra che, a livello antropologico, le sfide etiche della comunicazione sono state sostanzialmente le stesse nel corso dei secoli, anche se le tecnologie utilizzate sono cambiate e continuano ad evolversi.

L’intelligenza artificiale e le altre tecnologie dell’informazione e della comunicazione (TIC) offrono enormi possibilità di bene ma non sono in grado, da sole, di portarci alla saggezza e alla comunicazione autentica. Infatti, “non è la tecnologia a determinare se la comunicazione è autentica o meno, ma piuttosto il cuore umano”.

Nel nostro mondo tecnologico, possiamo confondere la conoscenza con la risoluzione dei problemi; connessione rapida con comprensione sicura; relazioni con contatti semplici; scambiarsi informazioni con amicizia; pensare con un processo meccanico; bontà con profitto.

I sistemi di intelligenza artificiale “possono aiutare a superare l’ignoranza e facilitare lo scambio di informazioni” ma sono incapaci di dare un senso ai dati.

Il filosofo greco Talete di Mileto (VII-VI a.C.) affermava che “non sono molte le parole a dimostrare la vera saggezza” (W.E. Drake). Anche Seneca reagì con ironia alle numerose affermazioni che Lucilio continuava a proporgli: “Ho bisogno di sapere tutto questo?

“Non abbiate paura delle nuove tecnologie!” (RS 14), ha dichiarato Giovanni Paolo II. Dobbiamo mettere da parte le previsioni catastrofiche sulle tecnologie dell’intelligenza artificiale, ma dobbiamo anche cercare di prevenirne l’uso improprio. Invece di erigere barriere, dobbiamo discernere il modo migliore di abitare lo spazio antropologicamente qualificato che stanno creando.

Martín Carbajo-Núñez, OFM

(il testo è un riferimento all’originale in una libera traduzione di Scala News, non autorizzata alla pubblicazione)

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