Post del Prof. Martin McKeever, CSsR, pubblicato sul Blog dell’Accademia Alfonsiana. Il testo originale: inglese.
Un’ideologia implica l’uso riduttivo di certe idee da parte di una collettività per perseguire i propri interessi, spesso sotto forma di progetto politico.
Questo era il concetto di ideologia proposto alla fine del primo post di questa serie. In questo articolo cercheremo di applicare questa definizione all’“unionismo” in Irlanda del Nord, prendendo questo termine nella sua connotazione più ampia per indicare l’aspirazione politica a rimanere in unione con la Corona britannica. Cronologicamente, inquadreremo la nostra trattazione di questa ideologia tra il 1921, quando fu creata l’Irlanda del Nord, e il 1998, quando l’Accordo di Belfast (Venerdì Santo) pose fine a trent’anni di violento conflitto.
Come la maggior parte delle ideologie, l’unionismo affonda le sue radici nella storia. In questo caso, le radici risalgono all’inizio del XVII secolo, quando i “coloni” scozzesi e protestanti (noti anche come “piantatori”) occuparono le terre dell’Ulster che erano state confiscate ai contadini irlandesi cattolici. Quando fu creata l’Irlanda del Nord, sei delle nove contee che componevano l’Ulster furono separate dalle altre per garantire una maggioranza protestante.
È a questo punto della storia che inizia il nostro studio dell’unionismo come ideologia. Di seguito ci limiteremo a esaminare i principali termini presenti nella definizione di ideologia sopra riportata e a vedere come si applicano a questo caso particolare.
Probabilmente è meglio iniziare dalla fine, con il termine “progetto politico”. Questo progetto era abbastanza chiaro ed esplicito: stabilire quello che nel linguaggio popolare veniva chiamato “un parlamento protestante per un popolo protestante”. Ciò fu realizzato mantenendo l’unione con la Gran Bretagna, in un momento in cui il resto dell’Irlanda stava diventando indipendente. I confini delle contee e i collegi elettorali furono tracciati artificialmente per garantire ampie maggioranze protestanti alle elezioni. Per oltre 50 anni, il parlamento protestante di Stormont ha praticato una politica di palese discriminazione nei confronti dei cattolici in materia di alloggi, occupazione, istruzione e diritti civili. Quando, nel 1969, il Movimento per i diritti civili ha sfidato questa forma di dominio, ha incontrato un violento contraccolpo da parte delle milizie protestanti e delle forze di polizia ufficiali. Questo ha portato ai 30 anni di violento conflitto che conosciamo come “i Troubles”, che si sono conclusi con l’Accordo del Venerdì Santo del 1998. Tale accordo ha posto fine al progetto politico di dominio discriminatorio che è alla base dell’unionismo.
Da quanto detto sopra, sarà già chiaro che la “collettività” a cui si fa riferimento nella nostra comprensione dell’ideologia non è altro che la popolazione protestante dell’Irlanda del Nord, o almeno una parte sostanziale di essa. Va notato che gli “interessi” di questa collettività erano essenzialmente politici ed economici, piuttosto che religiosi. Questa è una complicazione importante dal punto di vista ideologico: l’unionismo può essere inteso come un’ideologia politica che si cristallizza intorno all’identità religiosa. Quindi, i “Troubles” non furono un conflitto sul dogma o sulla pratica religiosa, ma sul potere politico e sui suoi benefici economici.
Per quanto riguarda le idee chiave al centro di questa ideologia, la principale è ovviamente quella dell’“unione”. L’uso riduttivo di questo termine emerge dall’incoerenza che comporta la minaccia di una rivolta armata contro lo Stato (il Regno Unito) a cui gli unionisti aspiravano a appartenere. La sua natura abusiva emerge inoltre nel fatto che divide artificialmente unità geografiche e politiche in modo strumentale. Infine, tutto questo è stato presentato al popolo (sempre un attore importante nell’ideologia) come una protezione della libertà religiosa di fronte a un presunto piano di dominazione religiosa da parte della Chiesa cattolica romana.
Nel loro insieme, questi fattori confermano pienamente che l’unionismo corrisponde alla nostra concezione di ideologia. Non ci resta che considerare la dimensione morale dell’intera questione.
Se ogni questione morale riguarda chi si fa del male, allora gli oltre 3.000 morti (e molti più feriti) di questo periodo rappresentano certamente una questione morale. Non è detto che tutte queste morti possano essere attribuite all’unionismo, perché c’erano altri attori coinvolti nel conflitto. Ma il male in questione non inizia con la violenza che ha portato a questi morti e feriti. Inizia con il programma di discriminazione sistematica contro i cattolici realizzato dal “parlamento protestante”. La questione morale fondamentale è quella della giustizia sociale, esacerbata dalla promozione dell’odio religioso ed etnico per decenni.
Come vedremo nel caso di altre ideologie, la combinazione di ambizione politica e fanatismo religioso è un cocktail particolarmente potente e pericoloso.